Allo Studio Farnese a Roma, Maria Alfani presenta una interessante mostra di opere di Osvaldo Romberg, un giovane architetto che insegna alla Università di Buenos Aires e da qualche anno si interessa particolarmente di disegno industriale e grafico. Egli ha partecipato sia nell’America Latina che a New York, Londra, Parigi, e in Giappone ad importanti rassegne e ne 1968 ha meritato il premio Braque alla VI Biennale di Tokyo. Testimonianze del suo lavoro sono al Museum of Modern Art di New York, di Philadelphia e di Washington.

Nell’ottobre del 1966, nel corso della Giornate di Musica Contemporanea organizzate dalla Biennale di Cordoba, Romberg ha conosciuto il compositore americano Earle Brown e si è reso conto che nella sua opera stava perseguendo dei fini simili ai suoi. Da quel momento ha incominciato a valorizzare la “possibilità” come un elemento importante e conseguentemente a creare degli elementi modulari luminosi (agenti ipotetici di luce) fabbricati industrialmente e che era possibile collocare e combinare in tutto lo spazio abitabile. In seguito ha creato degli elementi tridimensionali trasparenti con colori applicabili ai moduli anteriori che permettono maggiori combinazioni e che introducono inoltre delle scelte pregnanti in ciascuna casa grazie alla selezione del colore.
Nell’ambito dell’architettura prospettica ha avuto interessante conversazioni con gli architetti Alberto Goldvarg, Avel Martini e Roberto Lago: è un architettura di accrescimento modulare.
Nel 1968 ha iniziato ad interessarsi alla cibernetica nell’ambito delle possibilità che essa conferisce al suo tipo di ricerca. Nell’esposizione del 1971 presso lo Studio Farnese, furono esposte alcune esperienze disegnate graficamente dal computer IBM, caro agli artisti del CAYC, in base al modulo che usò in quegli anni.
Arturo Bovi, il Messaggero, 18 aprile 1971